Mentre faticosamente si progetta il ritorno alla normalità post pandemia, si scrutano i danni al sistema delle due gelate del lockdown e si immagina un ruolo molto più presente dello Stato nell’economia ci sono imprese che si stanno muovendo molto velocemente e all’ombra, disegnando nel fare scenari nuovi e assai interessanti.
Sono imprese manifatturiere, anche molto piccole ma straordinariamente cariche di energia, che hanno compreso assai bene i meccanismi dell’era digitale (che è altra cosa dal comprendere le tecnologie) e li usano con confidenza e grande profitto.
Ne ho visto due esempi preclari, rondini che un po’ fanno primavera in quest’epoca di confusione, in questi giorni a Milano.
Il primo è LOM, che sta per Locanda Officina Monumentale. È Il progetto di due fratelli immobiliaristi milanesi illuminati, Michele e Andrea Borri e di Andrea Trotta, che con l’aiuto di Stefano Micelli, il principale studioso del nuovo artigianato e curatore nel 2016 della mostra New Craft, pietra miliare della riflessione su artigianato e tecnologia, hanno realizzato un piccolo gioiello. Si tratta di una cascina settecentesca nel centro di Milano, miracolosamente scampata alla furia del mattone, e interamente dedicata a spazi per la manifattura innovativa e il nuovo made in Italy, affittati per un periodo di due anni.
Appena aperta in sordina è già stata occupata da PMI manifatturiere italiane della Moda e del Design straordinariamente innovative, attratte non solo dal sito, ma dal progetto culturale fatto di collaborazione, apprendimento, scambio di idee. Ci sono le creazioni tessili futuribili di Dyloan, la riflessione di Berto sui nuovi luoghi dell’abitare, l’innovazione nel contract su misura di Dibieffe. Ci sono spazi per la formazione e per la socialità e soprattutto quella bella energia, unica, che chi ha la passione per l’artigianato sente quando ci sono artigiani che lavorano insieme, si scambiano esperienze e fanno progetti.
La stessa energia l’ho ritrovata qualche giorno dopo al pop-up store che due amiche artigiane delle Marche hanno tenuto in un altro micro-gioiellino milanese che non conoscevo, il Laboratorio ScarletVirgo.
Ma andiamo con ordine.
Gaia Segattini è una bravissima artigiana della maglieria, una creativa in grado di stupire sempre, una praticante dell’economia circolare da tempi non sospetti e una influencer in grado di utilizzare i social come canale di vendita con straordinaria efficacia. Gaia è anche il perno di una rete di artigiani giovani e straordinariamente interessanti, con i quali collabora in progetti crossover o a cui da semplicemente una mano, come nel tempo l’ha data a imprese più tradizionali e strutturate, che aiuta a svecchiare e a utilizzare meglio il magazzino.
Tra i giovani artigiani con cui Gaia lavora merita un posto d’onore”La Marchigiana” Daniela Diletti, storica dell’arte che ha reinventato la tradizione calzaturiera di famiglia che era in gravi difficoltà e oggi produce e vende borse e scarpe per uomo e donna straordinariamente comode e ben fatte, frutto di quel mix tra saper fare, attenzione al cliente ed esperienza che racconta tanto del meglio del nostro artigianato (e anche della sua capacità di cadere e rialzarsi, ma questa è una storia che tocca farsi raccontare da Daniela per apprezzarla appieno.
ScarletVirgo è un’officina fondata da tre ragazzi in via Voghera, appena al riparo dal cuore della movida dei Navigli. Qui, e sottolineo qui nel centro di Milano sotto gli occhi di visitatori affascinati, realizzano borse a zaini artigianali, in proprio e in collaborazione con grandi marchi. Sono prodotti sostenibili nei materiali, affrontabili nei costi e con una forte componente estetica. Anche nel caso di ScarletVirgo la collaborazione tra imprese è fondamentale e il loro spazio è aperto a iniziative e pop-up store che creano opportunità commerciali, collaborazioni e scambi di idee (e loro ne hanno molte, di idee).
Queste due rondini milanesi hanno delle cose in comune e soprattutto sollevano delle riflessioni in questo periodo di pianificazione della ripartenza. Proverò a metterle in fila:
Certamente non tutti i settori produttivi sono uguali, ma altrettanto certamente queste rondini hanno molto da dire su come potrebbe essere il futuro del made in Italy, e cadono in un momento giusto, dove si capisce con sempre maggiore chiarezza che degli ingranaggi della globalizzazione si sono grippati e non si riesce a ripararli.
Dobbiamo imparare ad ascoltarle.
FONTE: https://nova.ilsole24ore.com/